giovedì 4 ottobre 2007

GESSI PER LA LAVAGNA


Ero arrivata al terzo giorno di scuola, in prima classe alla Virgilio. Entrai in segreteria, mi inginocchiai davanti alla segretaria esterrefatta e chiesi: “Potrei, almeno per una volta, avere due pezzi di gesso tutti insieme?”
Li ottenni, ma con molte raccomandazioni di farmeli durare!
Così fu che presi la decisione di comprarmi una bella scatola di gessi, a spese mie, tutta mia, privatissima, da tenere sotto chiave...
E non di quei gessi quadrati e polverosi che fanno tossire in continuazione, ma di quelli tondi lisci che rilasciano pochissima polvere! (E pensare che eravamo quasi nel 2000!)



Quando mi fu assegnata la nuova sede vicino a casa, andai a presentarmi al direttore nuovo.: “Si accomodi, signora, mi dia le sue generalità...” “Mi chiamo B Maria Cornelia...” Lui scrisse, poi si fermò e mi chiese: “Corneglia con la g?”.
Lo guardai incredula! Ma com’era possibile tanta grossolana ignoranza?
E’ ben vero che mi era già capitato, in occasione dei corsi che tenevo agli insegnanti, di meravigliarmi ancora per l’ignoranza dei direttori scolastici...
Era andata così. Spiegavo, in quella occasione, che mi sarebbe servito per la lezione un “planisfero”. “Ma signora, lei usa queste parole tecniche...” mi disse il brav’uomo che fungeva da direttore in quella scuola di N. La presi come una spiritosata, ma tale non era perché, a successiva altra richiesta del planisfero egli mi disse: “Ma mi dica almeno che cos’è!”.
Rimasi trasecolata e non so se fui brava a nascondere la meraviglia!!!



Per C., M. e qualche altro preparai degli speciali “Programmi” da attuare con l’aiuto della famiglia.
Due pomeriggi alla settimana li facevo tornare a scuola per un’oretta, per controllare il livello raggiunto e insegnare nuovi esercizi.
Un’altra ora, sempre bisettimanalmente. la dedicavo a far giocare i bambini più in difficoltà nell’apprendimento con dei giochi da me predisposti ad hoc: sorta di “gioco dell’oca”, di “prendi la bandierina”, ecc.
Questi giochi venivano in seguito fatti anche di mattina con tutta la classe , in modo che il “gruppetto” potesse parteciparvi del tutto alla pari.
Dopo un paio di mesi mi chiamò il direttore.
Non dovevo più proseguire, perché la cosa “costituiva un precedente”.
Gli spiegai che la mia prestazione era del tutto volontaria e gratuita, forse anche “dovuta”... Fu irremovibile e dovetti contentarmi di controllare togliendo i bambini dalla classe, quando ero “in compresenza” con Sara.



Una mattina di ottobre i bambini ed io, entrando in classe dopo la notte di pioggia, avevamo trovato varie pozzanghere sul pavimento.
Su un paio di banchi era abbondantemente piovuto, bagnando i libri che i bambini vi avevano riposto. (In altri giorni di pioggia, essendo noi presenti, erano bastati alcuni secchi messi qui e là per la classe).
Questo episodio si aggiungeva alle ferite provocate dal legno rotto di molte sedie, alla caduta fatta inciampando sulla non-mattonella, ecc.
Le lagnanze esasperate dei bambini e anche il mio stesso sbigottimento, fece sì che, quel giorno, si parlasse della cosa, di chi doveva provvedere ecc.
I bambini stessi, già abituati dalla prima a muoversi autonomamente, proposero di scrivere al Sindaco (e fui fiera dell’interiorizzazione di quanto avevo fin lì trasmesso) e, come sempre, composero insieme la lettera.
Naturalmente io ero presente per guidarli nella questione.
Un bambino propose poi di inviare la lettera anche al Gazzettino. Non vidi motivo per oppormi.
Comunque la pubblicazione della lettera ebbe l’effetto di far venire il giorno dopo gli operai a riparare il tetto della nostra classe (non quello di altre classi, però...)
La cosa suscitò nel direttore un certo comprensibile disappunto ed egli affrontò la cosa malamente, senza comprendere che quanto avvenuto era da lui inoppugnabile.
Mi fece una nota inopportuna, cui mi fu facile rispondere per le rime...

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